APRILE, 2023: POPMed #12
Addentriamoci, insieme, nella giungla della letteratura scientifica, per tornare alla fonte!
Ciao a tuttə, siamo Raffaele Avico, Francesco della Gatta e Andrea Pisano.
Benvenutə su POPMed. Di che si tratta?
POPmed è una newsletter a cadenza bi-settimanale pensata per proporti 10 articoli scientifici a proposito di ricerche, studi che crediamo possano essere rilevanti per le scienze cliniche del mentale (psichiatria, psicologia clinica, neuroscienze, avanguardie di ricerca, salute mentale).
Saranno spesso in lingua inglese e daremo priorità ad articoli ad elevato impatto scientifico (meta-analisi e review, ma anche RCT), tutti free: 9 di questi saranno incentrati su aspetti di avanguardia, ovvero sviluppi recenti della letteratura, mentre un articolo (posto al fondo della newsletter) si riferirà invece a una ricerca di impatto storico nell’area scientifica di interesse.
Come mai questo progetto?
Cosa significa per noi tornare alla fonte?
Significa innanzitutto proporre - e promuovere - una (in)formazione diretta, ma graduata: potrai entrare in contatto con la complessità della letteratura scientifica, ma non da solo. Nella newsletter si trovano infatti: una sinossi introduttiva a ciascun articolo, una serie di approfondimenti specifici, il link diretto all’articolo per poterlo consultare.
Vorremmo quindi essere delle lenti attraverso cui trovare un affaccio su un dettaglio, uno scorcio, un contributo di valore nella letteratura scientifica esistente.
Tornare alla fonte significa anche promuovere un giornalismo scientifico di qualità e orientato al reale della pratica clinica: tenteremo di proporre studi con una ricaduta diretta sulla dimensione professionale.
Che tu sia quindi unə giovane interessatə alla macro-area della salute mentale o unə professionista della cura, confidiamo che questo progetto possa essere per te!
Se vuoi, aiutaci a farci conoscere. Parla di POPMed e vienici a trovare su Instagram (@_popmed)! Ti aspettiamo per tornare, insieme, alla fonte!
Buona lettura amicə!
1. Cannabis, gravidanza e allattamento.
Al giorno d'oggi, la cannabis è la droga illecita più consumata. La prevalenza globale del consumo di cannabis nel 2017 è stata stimata in 188 milioni di persone, il 3,8% della popolazione mondiale. Una preoccupazione importante è l'aumento del consumo di cannabis tra le donne incinte e che allattano, soprattutto perché il contenuto di delta9-tetrahidrocannabinolo (THC) è attualmente circa 2 volte superiore rispetto a 15-20 anni fa. Qui trovi un breve articolo su cannabis e gravidanza curato dalla Fondazione Veronesi. Lo scopo di questo studio era di rivedere l'uso di cannabis durante la gravidanza e l'allattamento al seno, inclusi aspetti epidemiologici, strategie terapeutiche o preventive e considerazioni e risultati sperimentali da modelli animali di esposizione perinatale alla cannabis per analizzare i meccanismi neurobiologici sottostanti e identificare nuovi approcci terapeutici. Un recente rapporto ha rivelato che tra le donne incinte di età compresa tra 15 e 44 anni, la prevalenza del consumo di cannabis nell'ultimo mese era superiore al 4,9%, salendo all'8,5% nella fascia di età 18-25 anni. L'esposizione pre e post-natale alla cannabis può essere associata ad alterazioni critiche nei neonati che si prolungano per tutta l'infanzia e l'adolescenza. In breve, diversi rapporti hanno rivelato che l'esposizione perinatale alla cannabis era associata a basso peso alla nascita, riduzione della circonferenza cranica, deficit cognitivi (attenzione, apprendimento e memoria), disturbi nella risposta emotiva che portano all'aggressività, elevata impulsività o disturbi affettivi e maggiore rischio di sviluppare un disturbo da uso di sostanze. Inoltre, importanti alterazioni neurobiologiche in diversi sistemi neuromodulatori e di neurotrasmissione sono state associate al consumo di cannabis durante la gravidanza e l'allattamento. Nonostante le prove che evidenziano le conseguenze negative comportamentali e neurobiologiche dell'uso di cannabis nelle donne in gravidanza e in allattamento, esistono ancora limiti nell'identificare biomarcatori che potrebbero aiutare a stabilire approcci preventivi o terapeutici. È difficile definire l'associazione diretta specificamente con la cannabis, evitando altri fattori di confusione, la co-occorrenza del consumo di altre droghe (principalmente nicotina e alcol), stile di vita o fattori socioeconomici.
Eccovi l’articolo:
Cannabis Use in Pregnant and Breastfeeding Women: Behavioral and Neurobiological Consequences.
2. Il lato oscuro dell’empatia.
Il disturbo narcisistico di personalità (NPD) è caratterizzato da egocentrismo, grandiosità, sfruttamento degli altri e mancanza di empatia. Le persone con tale disturbo possono passare da una forma manifesta, principalmente con grandiosità, a una forma nascosta, con paure, ipersensibilità e dipendenza dagli altri. L'empatia rappresenta un punto chiave per individuare le persone affette da NPD perché, anche se descritta come ridotta, svolge un ruolo fondamentale nello sfruttamento e nella manipolazione. La revisione che vi proponiamo mirava ad analizzare l'interazione tra NPD e diversi aspetti dell'empatia con l'obiettivo di una migliore comprensione dei comportamenti antisociali/prosociali in NPD. L'empatia è la capacità di comprendere e sentire le emozioni degli altri. Non è un costrutto unitario e può essere distinto in cognitivo e affettivo, e potrebbe essere incanalato in comportamenti prosociali e antisociali. I soggetti affetti da NPD mostrano una maggiore compromissione degli aspetti affettivi mentre la loro parte cognitiva dell'empatia appare preservata. I clinici hanno notato che i pazienti con NPD hanno difficoltà nell'affrontare le proprie emozioni e nel riconoscere le possibili ragioni interpersonali dei loro sentimenti. Qui puoi leggere un breve approfondimento sul disturbo narcisistico. Inoltre, la consapevolezza di sé dovrebbe essere una priorità per raggiungere la consapevolezza degli altri. Poiché i narcisisti vedono gli altri come alieni o ostili, qualsiasi tentativo di lettura della mente prima dell'autoriflessione è probabilmente vissuto come una richiesta di "prendere la parte del nemico", risultando in un'esperienza stressante. Invece, incoraggiare l'autoriflessione come primo passo può persuadere i pazienti ad essere più consapevoli dei loro atteggiamenti reali, opponendosi alle caratteristiche che simulano per ottenere l'accettazione sociale. Durante i setting terapeutici le interpretazioni dovrebbero essere verbalizzate come domande o ipotesi, per facilitare l'interesse introspettivo del paziente e ridurre le risposte negative. L’articolo infine propone inoltre una nuova prospettiva sulla terapia farmacologica, secondo cui le classiche droghe psichedelicheserotoninergiche (CSP), grazie all'induzione del timore reverenziale e alla dissoluzione dell'ego, possono ridurre i tratti disadattivi del NPD.
Eccovi l’articolo:
The dark side of empathy in narcissistic personality disorder.