Ciao a tuttə, siamo Raffaele Avico, Francesco della Gatta e Andrea Pisano.
Benvenutə su POPMed. Di che si tratta?
Di una newsletter a cadenza bi-settimanale pensata per proporti 10 articoli scientifici su ricerche, studi che crediamo possano essere rilevanti per le scienze cliniche del mentale (psichiatria, psicologia clinica, neuroscienze, avanguardie di ricerca, salute mentale). Saranno spesso in lingua inglese e daremo priorità ad articoli ad elevato impatto scientifico(meta-analisi e review, ma anche RCT), tutti free: 9 di questi saranno incentrati su aspetti di avanguardia, ovvero sviluppi recenti della letteratura mentre 1 articolo si riferirà invece a una ricerca di impatto storico nell’area scientifica di interesse.
Come mai questo progetto?
Cosa significa per noi tornare alla fonte?
Significa innanzitutto proporre - e promuovere - una (in)formazione diretta, ma graduata: potrai entrare in contatto con la complessità della letteratura scientifica, ma non da solo. Nella newsletter si trovano infatti: una sinossi introduttiva a ciascun articolo, una serie di approfondimenti specifici, il link diretto agli articoli per poterli consultare. Vorremo quindi essere delle lenti attraverso cui potervi affacciare con sicurezza a uno scorcio della letteratura scientifica esistente.
Tornare alla fonte significa anche promuovere un giornalismo scientifico di qualità e orientato al reale della pratica clinica: tenteremo infatti di proporvi studi con una ricaduta diretta sulla dimensione professionale.
Che tu sia quindi unə giovane interessato alla macro-area della salute mentale o unə professionista della cura, confidiamo questo progetto possa essere per te!
Se vuoi, aiutaci a farci conoscere. Parla di POPMed e vienici a trovare su Instagram (@_popmed)! Ti aspettiamo per tornare, insieme, alla fonte!
Buona lettura amicə!
1.
É da poco stato pubblicato un approfondimento sull’EMDR, che raccoglie diversi articoli sul tema, in open access. Tra gli autori Marco Pagani, che studia da anni la neurobiologia del trauma e dell’EMDR (si veda per esempio questo studio del 2017), che anche in questo caso ha collaborato con altri ricercatori per approfondire la questione “neuro” dell’EMDR, tuttora dibattuta. Perché l’EMDR funziona? Quali sono i meccanismi neurobiologici sottesi al suo funzionamento? In questo articolo gli autori partono da tutto ciò che si sa attualmente sulla neurobiologia del trauma e del PTSD, cosa che già di per sé rende l’articolo interessante e formativo. A quanto se ne sa o si ipotizza, l’EMDR aiuterebbe nel lavoro di “cognitivizzazione” del ricordo traumatico, inducendo un funzionamento cerebrale simile a quello che si osserva in alcune fasi del sonno. Viene inoltre spiegato chiaramente il meccanismo per cui, durante il trauma e nella fase post-traumatica, uno degli aspetti problematici sia il mancato bilanciamento dell’attivazione dell’amigdala da parte della corteccia prefrontale (che in condizioni normali riesce a fare da freno). Esistono diverse ipotesi sul funzionamento dell’EMDR, nessuna -al momento- "risolutiva".
Gli autori in questo articolo tentano di costruire un modello computazionale che metta tutti gli elementi insieme, visibile in questa figura:
Viene osservato come i due strumenti al momento più potenti per lavorare sul trauma (la terapia espositiva prolungata -PE- e l’EMDR) sembrino avere diversi meccanismi di funzionamento sottostanti.
La somministrazione dell’EMDR durante il “recupero” della memoria traumatica, permetterebbe di reclutare in modo più vigoroso (paragonata alla terapia espositiva prolungata) la corteccia prefrontale, in modo che questa riesca a meglio esercitare la sua funzione di freno sull’amigdala, permettendo al paziente di “dis-imparare” a temere il ricordo stesso. Trovi qui l’articolo: A Biologically Inspired Neural Network Model to Gain Insight Into the Mechanisms of Post-Traumatic Stress Disorder and Eye Movement Desensitization and Reprocessing Therapy
2.
Il fenomeno del microdosaggio di sostanze psichedeliche non è certo nuovo. Sono però ultimamente usciti alcuni studi che hanno fatto chiarezza su alcuni degli aspetti concernenti il fenomeno. Il microdosing, lo ricordiamo, prevede un microdosaggio di sostanze "psichedeliche" (tipicamente la psilocibina, ma anche l’LSD) con l’obiettivo di incrementare alcune funzioni e abilità mentali, compresa la flessibilità cognitiva e la creatività. Tipicamente ci si introduce al microdosing usando lo schema definito “pianificazione di Fadiman”, ovvero un’assunzione ogni 4 giorni (quindi per esempio, in una settimana, l'assunzione di una micro-dose il lunedì mattina, seguita da un secondo microdosaggio il giovedì mattina). Uno studio uscito recentemente (tra l’altro uno dei più estesi e approfonditi sul tema, e il primo a contemplare la presenza di “placebo”) ha messo in discussione la questione, osservando come molti degli effetti attribuiti al microdosing potrebbero essere attribuibili a effetto placebo. In questo articolo furono coinvolte quasi 200 persone, istruite a distanza su come effettuare uno studio “cieco”, ovvero assunsero microdosing e placebo a loro stessa insaputa, compilando in seguito alcuni questionari di autovalutazione. Il disegno dell’esperimento può essere qui reperito: https://selfblinding-microdose.org/.
Come prima anticipato, forti sono i dubbi su quanto l’effetto del microdosing sia indotto dalle sostanze in sé, o da un generale effetto placebo. Trovi qui l’articolo: Self-blinding citizen science to explore psychedelic microdosing