GIUGNO 2025: POPMed #50
Addentriamoci, insieme, nella giungla della letteratura scientifica, per tornare alla fonte!
Ciao, siamo Raffaele Avico, Francesco Della Gatta e Andrea Pisano, psicologi e psicoterapeuti interessati alla divulgazione scientifica e ideatori di POPMed. Se vuoi scoprire quali sono tutti i nostri contenuti, inizia il tuo viaggio sul nostro sito ufficiale, sul nostro profilo Instagram e sul nostro canale Youtube! Troverai un botto di articoli e risorse gratuite da poter scaricare, ascoltare e consultare quando vuoi! Che tu sia quindi unə giovane interessatə alla macro-area della salute mentale o unə professionista della cura, confidiamo che questo progetto possa essere per te! Immergiti nell’oceano della letteratura scientifica insieme a noi!
Aiutaci a farci conoscere! Parla di POPMed e vienici a trovare su popmed.info! Ti aspettiamo per tornare, insieme, alla fonte!
Buona lettura, gentaglia!
Mappe dell'anima ferita: viaggio attraverso dieci articoli chiave tra trauma, attaccamento, identità e cura.
La newsletter di oggi raccoglie dieci contributi scientifici recenti che, pur diversi per focus e metodologia, convergono attorno a una stessa urgenza: comprendere come le esperienze traumatiche, in senso esteso, modellano la soggettività e le traiettorie di sofferenza psichica. Dal trauma d'attaccamento alla psicoterapia psichedelica, dalle dinamiche di genere nei team di lavoro fino all'autolesionismo adolescenziale, questi articoli tracciano una mappa complessa e stratificata della clinica contemporanea.
Il concetto di Attachment Trauma è al centro della prima review, che propone una definizione integrata basata su sei linee di ricerca. Seguono articoli che esplorano la persistenza delle rappresentazioni corporee dall'adolescenza alla maternità, l'impatto della presenza femminile nei team sul comportamento maschile, e il legame tra insonnia e autolesionismo nei giovani.
Altri studi si concentrano sugli effetti psicologici della discriminazione razziale e sulla dimensione sadica latente nella personalità. Troviamo poi una proposta clinica articolata sulla psicoterapia psichedelica per pazienti traumatizzati e un'indagine sulle paure dei terapeuti legate alla retraumatizzazione.
Chiudono la rassegna due articoli che affrontano temi sociali e storici: uno studio sui tassi di suicidio in gruppi etnici minoritari e un testo seminale del 1921, in cui Montagu Lomax denuncia le condizioni dei manicomi britannici dell'epoca.
Nel loro insieme, questi lavori invitano a superare i confini diagnostici rigidi e a costruire una visione complessa e sfumata della clinica, capace di tenere insieme biografia, corpo, contesto e relazione terapeutica.
1. Traumi silenziosi: quando l’attaccamento diventa ferita.
L'articolo affronta un'importante lacuna nella letteratura clinica e teorica: la mancanza di una definizione condivisa e operativa di "Attachment Trauma" (AT). Nonostante il concetto sia ormai largamente utilizzato in contesti clinici, accademici e nella divulgazione, la sua definizione resta vaga. Gli autori propongono di colmare questo gap tramite una revisione integrativa che incrocia sei filoni di ricerca distinti appartenenti a due macro-tradizioni: l’attaccamento e il trauma. Proviamo ad entrare per un momento in contatto con Martina, 34 anni, non ha mai subito abusi fisici. Eppure, ogni relazione le sembra una trappola. In terapia emergono ricordi confusi: una madre affettuosa un giorno, fredda e distante il giorno dopo. Nessun trauma evidente, ma una costante “insicurezza di base”. Grazie all’approccio centrato sull’AT, Martina riconosce come il caos affettivo dell’infanzia sia alla radice della sua instabilità emotiva e relazionale. La sua guarigione inizia nel momento in cui riesce a dare un nome al suo dolore: trauma d’attaccamento.
Il concetto centrale è che l’AT non è solo la somma di eventi traumatici, ma una condizione derivante da esperienze relazionali precoci non elaborate all’interno della relazione di attaccamento, con effetti duraturi su corpo, mente e relazioni. Il trauma d’attaccamento viene così descritto come un “insieme variegato e durevole di conseguenze biologiche, psicologiche e relazionali” in seguito a esperienze affettive soverchianti non integrate.
Metodi
La metodologia è quella della integrative review, preferita a scoping o narrative review per la sua capacità di attraversare confini disciplinari e sintetizzare concetti disomogenei. I sei filoni di ricerca vengono selezionati per la loro rilevanza clinica e rappresentatività teorica:
Tre linee da studi sull’attaccamento:
Attaccamento disorganizzato nell’infanzia
Stati mentali disorganizzati negli adulti (AAI)
Attaccamento ansioso-evitante nell’adulto (fearful attachment)
Tre linee da studi sul trauma: 4. Disturbo post-traumatico complesso (cPTSD) 5. Esperienze avverse infantili (ACEs) 6. Correlati biologici del trauma
Per ciascuno, gli autori analizzano le definizioni, i paradigmi e le implicazioni cliniche. Il testo si articola in tre sezioni principali:
Esplorazione delle linee di ricerca sull'attaccamento
L’attaccamento disorganizzato viene descritto come una strategia paradossale dove il caregiver è al contempo fonte di sicurezza e di terrore. Questo crea una risposta dissociativa alla base del trauma relazionale.
L’adulto con stato mentale "unresolved" mostra, tramite l'AAI, un discorso incoerente e segnali dissociativi durante la narrazione di esperienze di perdita o abuso.
L’attaccamento fearful è caratterizzato da ambivalenza: desiderio di vicinanza e paura del contatto. È ritenuto una forma adulta di risposta disorganizzata.
Esame dei filoni sul trauma
Il cPTSD si distingue per la sua componente di disorganizzazione del sé (DSO), oltre ai sintomi classici del PTSD. È particolarmente frequente in contesti di attaccamento disfunzionale.
Gli studi su ACEs mostrano correlazioni forti tra esperienze infantili negative e psicopatologia in età adulta.
I correlati biologici del trauma mostrano alterazioni neurofisiologiche permanenti nei soggetti esposti a trauma precoce (es. riduzione dell’ippocampo, disregolazione dell’asse HPA, alterazione dei network cerebrali).
Proposta di definizione integrata
L’AT è definito come "Conseguenze biologiche, psicologiche e relazionali, durature e variegate, derivanti da esperienze emotivamente soverchianti non integrate all’interno della relazione di attaccamento".
Risultati e Conclusioni
L’integrazione dei sei filoni permette di affermare che:
L’AT non è una diagnosi, ma un meta-concetto clinico utile per comprendere pattern complessi e transdiagnostici.
Può spiegare vulnerabilità a disturbi diversi come borderline, cPTSD, disturbi dissociativi e ansia sociale.
Fornisce un quadro esplicativo più robusto rispetto a concetti come “trauma relazionale” o “tradimento emotivo”.
Gli autori propongono di usare il concetto di AT come struttura euristica per sviluppare trattamenti integrati e transdiagnostici, focalizzati sull’elaborazione affettiva precoce e la riparazione della relazione terapeutica.
Implicazioni Cliniche
Riconoscere l’AT può migliorare la valutazione iniziale, fornendo un modello per identificare pazienti a rischio di evoluzione psicopatologica grave.
Può orientare verso interventi centrati su disorganizzazione, dissociazione e regolazione affettiva (es. EMDR, terapia sensomotoria, TMI).
Favorisce l’integrazione tra evidenze neuroscientifiche, teoriche e cliniche, promuovendo un linguaggio condiviso tra psicoterapeuti e ricercatori.
Eccovi l’articolo:
Toward a definition of Attachment Trauma: integrating attachment and trauma studies.