APRILE 2024: POPMed #32
Addentriamoci, insieme, nella giungla della letteratura scientifica, per tornare alla fonte!
Ciao a tuttə, siamo Raffaele Avico, Francesco della Gatta e Andrea Pisano.
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1. Oltre le tecniche: la forza invisibile della relazione terapeutica.
Negli ultimi anni una grande attenzione nella pratica psicoterapica è dedicata alla relazione terapeutica. Infatti la sua qualità predice i risultati della terapia, soprattutto quando questa implica obiettivi condivisi, metodi concordati e un forte legame interpersonale. Quando i pazienti si sentono al sicuro in una relazione terapeutica, si sentono più disposti a partecipare a tecniche esperienziali. Al contempo, l'implementazione attenta e mirata delle tecniche da parte del terapeuta può aiutare a rafforzare la relazione terapeutica. Sebbene l’interazione tra relazione e tecnica possa essere complicata, con conseguente deflessione dell’alleanza, riparare attentamente le rotture può sia rafforzare la relazione che aumentare la volontà di impegnarsi con le tecniche. La ricerca che segue si propone proprio di esplorare l'interazione complessa tra la relazione terapeutica e le tecniche esperienziali, mettendo in evidenza come la sinergia tra i due elementi possa influenzare in modo significativo l'esito della terapia. Ma prima di procedere ti suggerisco di cliccare qui, troverai un recentissimo testo sulla relazione terapeutica e le tecniche esperienziali, ad opera di Giancarlo Dimaggio e dei suoi collaboratori del centro TMI, edito da Raffaello Cortina. Tra l’altro, se ti sei perso l’ultima intervista POPMed Talks ti invito a recuperarla qui, il buon Raffa ha intervistato proprio Giancarlo Dimaggio. Il paper che segue adotta un approccio integrativo, considerando sia gli aspetti della relazione tra terapeuta e paziente che le specifiche tecniche utilizzate durante il trattamento. Attraverso una revisione approfondita della letteratura, vengono esaminati studi empirici e teorici che evidenziano l'importanza della qualità della relazione terapeutica nel facilitare il cambiamento del paziente. La ricerca riconosce che la terapia efficace non si limita alla semplice applicazione di tecniche, ma richiede una connessione autentica e collaborativa tra terapeuta e paziente. Di questo ne parlano anche due illuminate menti cliniche e teoriche made in Italy, Antonio Semerari e Paolo Migone, in una video-chiacchierata di confronto ospitata da Laterza, trovi qui la video-conversazione d’autore. Tornando al paper, uno dei principali risultati emersi è che la qualità della relazione terapeutica può amplificare o attenuare l'impatto delle tecniche terapeutiche. Una relazione caratterizzata da empatia, rispetto e autenticità può favorire una maggiore adesione del paziente al trattamento e un maggiore coinvolgimento nel processo di cambiamento. Ad esempio, le tecniche cognitivo-comportamentali possono risultare più efficaci quando sono integrate in una relazione terapeutica empatica e collaborativa, rispetto a quando sono applicate in modo meccanico e distaccato.
Le implicazioni cliniche di questa ricerca sono rilevanti per i professionisti della salute mentale, poiché sottolineano l'importanza di sviluppare e mantenere una relazione terapeutica solida e positiva con i pazienti. Ciò può implicare un focus più ampio sull'empatia, sull'ascolto attivo e sulla co-costruzione dei significati durante il processo terapeutico. Inoltre, i risultati suggeriscono che i terapeuti dovrebbero essere formati non solo sulle tecniche terapeutiche specifiche, ma anche sull'importanza della relazione terapeutica e sulle competenze necessarie per sviluppare e mantenere tale relazione. La ricerca evidenzia anche l'importanza di un approccio flessibile e integrativo alla terapia, che consenta al terapeuta di adattare le tecniche alla specificità del paziente e alla qualità della relazione terapeutica. In termini di ricerca futura, il paper sottolinea l'importanza di studi longitudinali che esaminino l'evoluzione della relazione e l'efficacia delle tecniche terapeutiche nel tempo, al fine di produrre una maggior e più approfondita comprensione dei meccanismi attraverso i quali tali fattori influiscono sull'esito della terapia. In conclusione, il paper dimostra che l'interazione tra relazione terapeutica e tecniche terapeutiche è cruciale per il successo della terapia. Riconoscere e integrare entrambi gli elementi può migliorare l'efficacia clinica e il benessere del paziente, fornendo così un contributo significativo alla pratica e alla teoria della psicoterapia.
Eccovi l’articolo:
2. Risveglio della consapevolezza: la compassione e la metacognizione come chiavi per la guarigione della schizotipia.
Il disturbo schizotipico della personalità è caratterizzato da un modello pervasivo di comportamento disadattivo che è stato associato alla predisposizione alla schizofrenia. Si sa poco sugli interventi psicosociali efficaci e, come spesso accade dal punto di vista teorico e pratico nell’approcciare la complessità, si tende a non guardare o a non investire risorse per imparare a muoversi in terreni farraginosi. Il paper che segue presenta uno studio pilota randomizzato che confronta l'efficacia di un nuovo approccio di compassione e metacognizione con una combinazione di terapia cognitiva e trattamento psicofarmacologico nel trattamento del disturbo di personalità schizoide. Qui trovi una video intervista di Gianluca D’Amico per psicologia fenomenologia al principal investigator dell’articolo che segue, Simone Cheli. Prima di procedere, ricordati che se hai bisogno di rispolverare cos’è uno studio randomizzato, una meta-analisi, un campione, un tipo di statistica e tutto ciò che concerne gli aspetti metodologici della ricerca, puoi tranquillamente Tornare alla Fonte cliccando qui e scaricando la rivista digitale interattiva a cura del buon Andrea. Tornando all’articolo, il campione composto da 33 partecipanti è stato sottoposto ad un trattamento di sei mesi (24 sedute), dove l’esito primario era il cambiamento in nove misurazioni nella patologia della personalità, gli esiti secondari erano la remissione dalla diagnosi e i cambiamenti pre-post nella sintomatologia generale e nella metacognizione. I risultati evidenziano cambiamenti significativi che indicano miglioramenti clinicamente rilevanti nei sintomi del disturbo di personalità schizoide nel gruppo trattato con l'approccio di compassione e metacognizione. Questi risultati suggeriscono che un approccio basato sulla compassione e sulla consapevolezza metacognitiva potrebbe essere efficace nel trattare i sintomi del disturbo di personalità schizoide.
Le implicazioni cliniche di questa ricerca sono rilevanti per la possibilità di puntare sull'integrazione di tecniche di compassione e consapevolezza metacognitiva, che potrebbe arricchire l'arsenale terapeutico disponibile per affrontare le difficoltà associate a questo disturbo, offrendo agli individui nuove strategie per gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita. Inoltre, il confronto con una combinazione di terapia cognitiva e trattamento psicofarmacologico fornisce importanti informazioni sulla relativa efficacia di questi approcci nel trattamento del disturbo di personalità schizoide. Questo può aiutare i clinici a prendere decisioni informate sulla scelta del trattamento più adatto per i singoli pazienti in base alle loro esigenze e preferenze. Qui trovi un’altra video-intervista a Simone Cheli che amplia la visione nell’approccio alla schizotipia. In termini di ricerca futura, lo studio suggerisce la necessità di ulteriori ricerche per confermare e approfondire i risultati ottenuti. Sarebbe utile condurre studi su un campione più ampio e per un periodo di follow-up più lungo per valutare a lungo termine l'efficacia e la sostenibilità degli approcci terapeutici esaminati. In conclusione, il paper offre una prospettiva promettente sull'utilizzo di un nuovo approccio di compassione e metacognizione nel trattamento del disturbo di personalità schizoide, sottolineando l'importanza di considerare alternative terapeutiche innovative per affrontare le sfide cliniche associate a questo disturbo.
Eccovi l’articolo: